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Comune di Ripalta Arpina

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La storia di Ripalta Arpina, tratta dal libro Terre Nostre - Storia dei paesi del Cremasco del Mons. Angelo Zavaglio. Clicca sui collegamenti qui a fianco per visitare le singole sezioni.

 

Le origini del centro abitato

Presso Ripalta Arpina, durante i lavori per l'arginatura del Serio Morto, ai primi di aprile 1933, si sono trovati, ad una profondità di pochi metri, resti di parecchie palafitte. La notizia veniva a confermare quanto già si sapeva delle remote origini di quella località per altri ritrovamento fatti anni addietro nel campo Costa Sala o Sale.

Le palafitte riportano all'età della pietra o del bronzo, ma oggetti metallici non vennero alla luce. Rivelano inoltre che in quei tempi remoti la località, su cui poi sorse Ripalta Arpina, presentava le stesse caratteristiche che si incontrano a Chieve, a Ombriano, e altrove. Questa analogia di condizioni e di vita ci fa ritenere che quei primi abitatori, come tutti gli altri rivieraschi del Lago Gerundo, fossero della medesima razza e vivessero alla medesima epoca: risultato questo assai importante per la storia delle origini del popolo cremasco.

 

La Pieve antica

Rivoltella e Bressanoro erano allora due Pievi, dove vi era un "archipresbyter' l'una in sinistra e l'altra in destra del Serio, e comprendevano rispettivamente i territori delle due rive del fiume. Ripaltella aveva le località di Ripalta (Nuova e Vecchia), quella poi detta Guerina, Gombito, la Vinzasca, Montodine, Moscazzano e forse Rovereto (questa infatti è una delle 54 località elencate nel documento del 1134 come dipendenti di Ripalta Arpina); Bressanoro invece tutte le altre in sinistra del Serio, sin presso a Soresina e a S. Bassano.
La Pieve di Ripalta Arpina risale certamente a tempi assai antichi. La prima menzione di una capella o chiesa di Rivoltella si ha nel 1041, ma non se ne dice il titolo. In un atto dell'agosto 1051 è invece nominata per la prima volta la "capella S. Mariae . . . in curte Rivaltellae".
Le prove dell'esistenza della Pieve di Ripalta Arpina sono diverse.
La prima è data dal fatto che quel parroco porta, ab immemorabili, il titolo di "archipresbyter" che era riservato al sacerdote della Pieve. Il titolo di "S. Maria"¯riporta l'origine della chiesa a prima dei VII secolo.
Altra prova è data dall'esistenza di una Collegiata, costituita da sacerdoti investiti di beneficio proprio, addetti a proprie chiese e vincolati, nell'esercizio di determinate funzioni, alla vita comune.
Conosciamo l'esistenza di una chiesa campestre dedicata a S. Eusebio e di un'altra a S. Giovanni Battista in paese. Oltre a queste, secondo il documento del 1051, esistevano nel territorio almeno tre altre chiese: S. Benedetto, S. Vincenzo e S. Pietro (di questa è forse rimasta memoria nell'altare a S. Pietro esistente nella parrocchiale).
Tutte o quasi tutte queste chiese avevano annesso un beneficio canonicale, e perciò la fiorente collegiata rivestiva decoro e importanza. Tale ricchezza era dovuta alle generose donazioni di una nobilissima famiglia, quella dei Capitani di Rivoltella, fondatori delle doti beneficiarie dell'antica Collegiata.

 

I capitani di Rivoltella

La famiglia dei Capitani di Rivoltella, chiamati così dopo il 1051 ha per capostipite Rainerio di Rivoltella, nato nella seconda metà del sec.X, oriundo da Arzago, o imparentato con quei Capitani d'Arzago, ai quali doveva conferire tanto lustro Ariberto d'Intimiano Arcivescovo di Milano. Rainerio teneva, ad Arzago, un possedimento che fu venduto dopo la sua morte, dal figlio Guido insieme alla consorte Raimburga, a Landolfo Vescovo di Cremona (1021). Rainerio ebbe due figli: Ardicio e Guido. Del primo non occorre dire: Guido sposò, circa il 1002, Raimburga e morì prima del 1034, lasciando Raimburga con due figli, Guinizo e Gerardo. Quest'ultimo, sposatosi nel 1040 con Megenana, morì senza eredi.
La famiglia dei Capitani di Rivoltella si conservò, dunque, nella discendenza di Guinizo. Questi, insieme al fratello Gerardo, aveva ereditato dal padre Guido vastissimi possedimenti: si può dire, l'intero territorio di Rivoltella, Montodine, Gombito e Moscazzano, esclusa però la quarta parte che, in forza delle leggi longobarde, formava il morgincap, ossia la proprietà spettante alla vedova. Tutta l'eredità venne divisa in due parti: una fu dai fratelli venduta al Prete Vinizone o Guinizone di Rivoltella, l'altra fu divisa in parti uguali. Guinizo vendette la sua alla madre Raimburga e questa, alla sua morte, lasciò tutto al Vescovo di Cremona: anche una parte dell'eredità di Gerardo comperata da un Prete Silvestro, finì nelle mani del Vescovo: e finalmente anche il Prete Vinizone disponeva che la sua proprietà passasse al medesimo Vescovo. Tutti questi beni si trovavano nei territori di Rivoltella, Moscazzano, Montodine, Gombito e, in parte, a Cornaleto, Vinzasca e Casalmorano. Erano dunque latifondi immensi quelli dei Capitani di Rivoltella, e immense per conseguenza le ricchezze ereditate dal Vescovo di Cremona in quelle terre. Il vescovo lasciò gli eredi di Guinizo usufruttuari dei beni lasciati dal Prete Vinizone, e perciò essi divennero, di fatto, vassalli del vescovo stesso e più precisamente vassalli maggiori, ossia con altro nome, Capitani.
I Capitani di Rivoltella, nelle lotte avvenute più tardi fra Milano e Crema da una parte, e Cremona dall'altra, tennero sempre le parti delle due prime città: erano infatti guelfi e cremaschi. Ciò spiega anche come le aspre battaglie di S. Maria di Bressanoro, della Motta e delle Bodesine si siano combattute nel territorio di Ripalta Arpina o in luoghi vicini. Là era il confine tra Crema e Cremona, e là erano anche gli animatori e i sostenitori dei Cremaschi e dei Milanesi: i Capitani di Rivoltella.
Dopo la sfortunata battaglia delle Bodesine, i Capitani abbandonarono Rivoltella e si stabilirono definitivamente a Crema, dove già avevano una loro dimora e sin dal 1199 la loro famiglia dava il nome ad una delle vicinanze di Porta Ripalta. Scarse sono d'allora in poi le memorie di questi Capitani.
Si ricorda il nome di Dionisarco, de Capitani di Rivoltella, che nel 1314 era Prevosto di S. Maria Maggiore, ossia del Duomo. Di un Lodovico, dei Capitani di Rivoltella, che viveva in Crema nel 1423, parla il nostro Terni e in lui probabilmente la nobile famiglia si estinse.

 

I Vescovi di Cremona

I possessi che i Vescovi di Cremona tenevano a Rivoltella per le donazioni sopra accennate ed altre ancora, vennero solennemente riconosciuti loro da Enrico IV Imperatore di Germania e da Papa Alessandro II.
Tuttavia Rivoltella non fu sempre tranquilla e ossequiente nei riguardi del vassallaggio e della subordinazione feudale. Consta, infatti, da un documento del 17 maggio 1159 - due mesi prima che s'iniziasse l'assedio di Crema e quando già covavano i propositi delle rivendicazioni contro la politica dell'Imperatore Federico Barbarossa, - che alcuni degli homines di Rivoltella, Fornovo, Bariano, Mozzanica e Gabbiano, tutti vassalli del Vescovo di Cremona, gli si erano ribellati, abbandonando le dimore ed i loro doveri e, ciò che è peggio, sembra dire l'imperatore, portandosi in Crema: " ad Cremam suas habitationes fecerunt": a Crema, centro di riunione degli antimperiali. Erano le prime avvisaglie della grande lotta che doveva culminare nella distruzione di Crema. L'imperatore autorizza il vescovo a procedere contro i ribelli, a citarli al suo tribunale, a giudicarli severamente: nel caso si fossero rifiutati di comparire, ordina la confisca dei loro beni, dando facoltà al vescovo di entrarne in possesso. Nel 1187 Gregorio VIII, con la Bolla "Fratres nostros"rinnova alle chiese del territorio cremasco appartenenti alla diocesi cremonese l'ingiunzione di obbedire e di portare la debita riverenza al Vescovo di Cremona. Ai Cremaschi era dunque duro e difficile obbedire a quel Vescovo nell'ordine civile, cui ripugnavano le loro tradizioni guelfe e le loro aspirazioni di libertà politica e comunale.

 

Homines nequam

Non si deve credere però che non vi fossero Cremaschi che professassero idee diverse da quelle della maggioranza, non solo, ma che si adoperassero attivamente a favore della politica e delle rivendicazioni di Cremona su Crema e il suo territorio.
L'Astegiano riporta, a tale proposito, parecchi ed eloquenti documenti che dimostrano come, proprio a Rivoltella, vi era chi non esitava a sostenere apertamente le ragioni di Cremona e a farsene paladino, al punto da essere disposto a nuocere in ogni modo a Crema.
Ciò avvenne in seguito alla cessione - vera e propria vendita - di Crema a Cremona, fatta da Enrico VI nel 1192, e alla profonda ostilità suscitata nei Cremaschi da questa decisione contraria a tutti i patti giurati: tradimento consumato dall'imperatore contro la città.
I Cremaschi
insorsero come un sol uomo e tanto fecero e si agitarono da rendere impossibile a Cremona di entrare in possesso della città e del territorio. A sua volta Cremona non intendeva rinunciare ai diritti riconosciutile dall'imperatore e, per riuscire nell'intento, stipulò, il 5 gennaio 1194, un accordo con Alberto di Rivoltella, con lo scopo preciso "ut Cremenses sub Cremonensium ditionem perveniant".
Anche altri di Crema facevano causa comune con Cremona. Così da un documento del 13 agosto 1194 sappiamo che un certo Pochipagni di Crema accetta, dietro compenso in danaro, di servire di spia su tutto quello che sarà fatto e detto a Crema, comunicando a Cremona quanto poteva nuocere a quella ed essere utile a questa.
Ma è soprattutto a Rivoltella che si congiura ai danni di Crema. Difatti con atto 14 agosto 1194 un certo Giovanni Radini di Rivoltella promette a Pocobello, Podestà di Cremona, di adoperarsi perché Cremona riesca ad ottenere il dominio su Crema, ricevendo, in compenso, una casa di abitazione in Castelleone.
Il 1° ottobre 1196 un certo Guidotto di Rivoltella rinuncia alla cittadinanza cremasca per farsi cremonese e giura perfetta fedeltà al Comune: a conferma, dà in pegno a Cremona tutti i suoi beni di Rivoltella.
Quanto ad Alberto di Rivoltella, egli dovette aver benemeritato di Cremona nella lotta contro Crema, perché il 26 giugno 1218 il Comune di Cremona dichiarava di concedere a lui e ai suoi uomini (maxenata, ossia masnada, di 12 persone) tutti i compensi stipulati 26 anni prima per i servizi prestati, giacché anche per merito loro era riuscito a vincere Milanesi e Cremaschi nella battaglia delle Bodesine. Perciò non ci sorprende vedere nel 1228 i Cremaschi fare aspra vendetta di tutte le località cremonesi poste lungo il confine e anche di Rivoltella, da essi distrutta e incendiata: "inimici nostri (dicono i Cremonesi) apud Cremam morantes fere omni die terram nostram intrare non desinunt ad devastandam et igne comburendam et circa sero redeunt Cremam ad demorandum. Loca vero nostra quae combusserunt haec sunt": segue l'enumerazione di 30 località cremonesi coll'aggiunta di Rivoltella.
E che qualcuno dei Capitani di Rivoltella guidasse le mosse contro Crema si deduce da un documento dei 7 aprile 1265 dove, tra coloro che a Cremona sottoscrissero un accordo con altri Cremonesi per metter fine a lunghe ed aspre contese, vi è pure un "Catanio" (Capitano) da Rivoltella.
Tuttavia, anche se qualcuno dei Capitani di Rivoltella fu ostile a Crema e ligio a Cremona, ben diversa fu la condotta generale della Famiglia. Altrimenti non si concepirebbe come, nel 1199, proprio nel tempo in cui parecchi Cremaschi e Alberto Guidotto, Ottobello e Giovanni Radini, tutti di Rivoltella, facevano causa comune con Cremona a danno di Crema, potessero i Cremaschi dare ad una delle 27 vicinanze della loro città il nome dei Capitani di Rivoltella e come questi potessero poi avere residenza e uffici e onori nella nostra città.

 

Tre battaglie

Ripalta Arpina era situata a brevissima distanza da un antico e importante centro cremonese, Bressanoro (6), in un punto dove due popolazioni, diverse per origine, per indole e per aspirazioni, si toccavano e si urtavano e dove i contrasti potevano scoppiare, e scoppiarono, nelle forme più accanite e disastrose.
Così nel 1110, dodici anni dopo la cessione di Matilde, a Bressanoro, presso la Chiesa di S. Maria, i Milanesi uniti ai Cremaschi si azzuffarono con i Cremonesi, con la peggio di questi. Ed ecco, sei anni dopo, la rivincita dei Cremonesi: il 26 agosto 1116 questi prendono Crema, la saccheggiano, la mettono a ferro e a fuoco e ne conducono prigionieri i cittadini. Dopo un'altra guerra (di cui non si conosce l'esito) combattuta nel 1130, al tempo dei Consoli Cremonesi Riboldo e Anselmo, ecco una nuova rivincita da parte dei Milanesi e dei Cremaschi alleati: questi, infatti, il 5 giugno 1139, con un combattimento sanguinosissimo avvenuto alla Motta di Ripalta Arpina, riescono ad avere il sopravvento sui Cremonesi; in quel giorno, dice la Cronica di Sicario, "maxima pars populi Cremonae fuit capta" ossia l'esercito cremonese fu in gran parte fatto prigioniero in seguito a manovra che avvolse le due ali.
Sanguinosa e ostinata alternativa di lotte e vicende guerresche: vent'anni dopo, all'assedio di Crema, i Cremonesi vendicano, con la crudele distruzione della nostra città, la sconfitta patita a Rivoltella. Finalmente, nel maggio 1213, con la battaglia combattuta alle Bodesine, riescono ad avere pieno trionfo degli eterni avversari Milanesi e Cremaschi e, nel bottino, anche il Carroccio dei Milanesi e la croce preziosa che lo adornava cadono nelle mani dei Cremonesi, superbo trofeo della vittoria riportata.
E' soltanto dal sec. XIV in poi che Rivoltella ha pace; ma è la pace del silenzio e del decadimento. Da sede di capitanato, con castello munito, dove risiedono i bellicosi feudatari del Vescovo di Cremona, si riduce alle condizioni di una modesta corte rurale, né la distinzione datale da tante vicende poté sottrarla all'inevitabile declino.

 

Ciò che rimane

Un pallido ricordo dell'antico splendore si ebbe ai tempi di Leone X, quando l'Arciprete di Ripalta Arpina, il sacerdote Giacomo Filippo Ferrari, erede dell'antica dignità della Pieve Collegiata, fu da quel Pontefice scelto come suo delegato per effettuare il passaggio di certe religiose residenti in Crema, dalla regola benedettina a quella domenicana.
Delle chiese che furono ricordate ai tempi della Collegiata ne sono rimaste due: S. Maria Rotonda(parrocchiale) e S. Giovanni Battista. Questa risale all'epoca longobarda; se ne fa menzione la prima volta nel 1051, fu ricostruita l'ultima volta nel 1672-1687 - a spese di Giovanni Angelo Giacomelli.
Un oratorio dedicato a S. Bartolomeo era stato eretto, probabilmente sul posto di altro più antico e del medesimo titolo, da Onorio Barbetta nel 1607, ma risulta che nel 1659 era già abbandonato e l'anno seguente demolito.
L'oratorio campestre dedicato a S. Eusebio confessore, di cui già dicemmo, residuo dell'antica Collegiata, esisteva ancora nel 1727. Fu demolito in tal anno dall'ultimo investito, il Conte Ernesto Griffoni di S. Angelo.
Ancor oggi il luogo dove esso sorgeva si chiama col nome di campo S.Eusebio.
Molte volte, negli antichi documenti a cominciare dal 1046, è fatta menzione del castrum o Castello di Ripaltella: non siamo in grado di precisare né dove né come esso fosse.
Nel sec. XVIII risultano principali proprietari di Rivoltella i Conti Benvenuti e i Nobili Salomoni.
Tra gli edifici notevoli è degna di rilievo la villa Capredoni (oggi Palazzo Zurla) .

Tratto da
Mons. Angelo Zavaglio
Terre Nostre
Storia dei paesi del Cremasco

Dove
Comune di Ripalta Arpina
Piazza Marconi n. 126010 Ripalta Arpina , CR
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Origine del nome

Come indica il nome, Ripalta Arpina sorge sopra una riva alta, che però è tale, si noti, per chi viene da oriente. Ma può chiedersi: fu quello il suo nome primitivo?
Nel più antico documento (28 luglio 1021) essa è chiamata Rivaltella, e questa denominazione, salvo piccole differenze, quali Rivoltella e Ripaltella, è poi usata in tutti gli altri 26 documenti distribuiti fra il 1021 e il 1284, nei quali è fatto cenno di questo luogo, senza che mai apparisca associata ad Arpina.
Eppure il nome Rivaltella non può ritenersi il più antico, essendo esso di origine romana, assai posteriore all'epoca in cui il luogo cominciò ad essere abitato.
Ci pare che proprio il nome Arpina debba essere stato l'originario o almeno anteriore all'attuale. Si è soliti farlo derivare dal nome di una famiglia principale di Rivoltella, ma, in verità, né si ha memoria di tale famiglia, né avanti il sec.XI esistevano cognomi; e se ci fosse stata, non potrebbe aver preso essa il nome dal luogo? Nessuna prova suffraga tale asserzione, sebbene accettata anche dal compilatore degli Atti della Visita Lombardi, che dice "e veteri cremensium familia de Arpinis".
Or ecco invece la nostra opinione.
Il nome Arpina, da un più antico Hirpinus, Irpina, è, al dire di Teodoro Mommsen (2), il nome di una tribù italica che aveva per suo animale sacro il lupo (hirpus) e che abitava nell'Alta Italia prima che ne fosse scacciata da successivi invasori.
Arpina o Irpina probabilmente era quella primitiva popolazione italica che abitò questo luogo lasciandovi le palafitte. Soltanto in epoca posteriore, quando si stabilirono in luogo popolazioni latine o latinizzate, (alle quali appartengono i vasi fittili, monete, lampade di epoca romana trovate anni addietro a Costa Sale) il luogo potè essere chiamato Ripa alta, Rivoltella. E che popolazioni romane esistessero su entrambe le rive del Serio è provato anche dal ritrovamento di un'ara a Minerva presso Bressanoro.

 

Stemma

 

D’argento, al castello di rosso, torricellato di due pezzi, merlato alla ghibellina, aperto di nero e finestrato del campo, sostenente un’aquila al naturale dal volo abbassato, coronata d’oro e poggiante con gli artigli sulle due torri celle.

Gonfalone

Drappo partito di rosso e di bianco ornato di ricami d’argento e caricato dello stemma con l’iscrizione centrale in argento

 

Ambiente culture a arte

Ripalta Arpina si trova in un territorio ad elevato pregio ambientale ed ecologico, all’interno di due parchi naturali: Parco Serio e Parco Adda Sud

L’edificato è situato su un terrazzamento naturale fra la valle del Serio vivo (ad ovest) e la valle relitta del Serio Morto (ad est).

Questa è un’importante morfostruttura le cui scarpate morfologiche che la delimitano appaiono ben scolpite nei depositi alluvionali del piano generale di campagna e mostrano un caratteristico sviluppo a festoni che rappresenta una traccia delle erosioni attuate dalle antiche anse fluviali del fiume Serio, quando il suo corso si svolgeva in questa sede. Ampi tratti delle stesse scarpate morfologiche ospitano lembi boschivi che a loro volta contribuiscono ad evidenziare la fisionomia della valle relitta, distinguendola di primo acchito dalla restante campagna coltivata.

Percorrendo la strada che da Ripalta Arpina porta al Santuario del Marzale e Ripalta Vecchia, in direzione di Crema, ci si può rendere conto visivamente della situazione: a destra si osserva l’antico argine del Serio ed in lontananza il letto, ora occupato dalle coltivazioni (rimane un piccolo corso d’acqua); a sinistra il più recente terrazzamento e, più il là, il Serio vivo.

La strada segna in pratica il confine tra le due valli, apparendo, per chi osserva le carte geomorfologiche, come una sottile penisola. Storicamente, si fa risalire il cambiamento di corso del fiume a dopo il XII secolo.

Si segnalano altri interessi, quali la presenza di numerose fughe, in valli trasversali, che tagliano i terrazzi fluviali. Esse sono dovute all’opera d’erosione delle numerose rogge che andavano ad immettersi nel fiume; alcune sono ancora rimaste tali e quali, altre sono state utilizzate al fine di ricavare sterrate per raggiungere i campi ed il fiume. Le fughe naturali hanno coperture arboree molto dense e sono caratterizzate da intrighi vegetativi d’alberi, d’arbusti e di lianose; qua e là si trovano le querce farnie ed interessanti specie erbacee, tra le quali le felci.

 

Ricette di piatti tipici

TORTELLI CREMASCHI

Ingredienti:1 kg di farina bianca, uova, 1 etto di uvetta, 50 gr di cedro, una grattugiata di noce moscata, 4 etti di amaretti scuri, 80 gr di formaggio, sale (in aggiunta pan grattato e un goccio di liquore alla mandorla per rendere il piatto più saporito).  

LA BERTULINA (dolce)

Ingredienti: ½ Kg di farina, 1 etto e mezzo di burro, 2 uova, lievito, latte, 6 etti di uva nera, 1 etto e mezzo di zucchero.

Informazioni Ultima modifica: 18/02/2020 - 16:51